Il Piano Locale del Governo Aperto della città di Palermo
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PROBLEMA
Nell'ultimo decennio sempre più si è affermata ed è stata variamente codificata la nozione di gestione partecipativa dei Beni Comuni, anche se le pubbliche amministrazioni e gli enti locali faticano ad includere nuove forme di governo condiviso con le cittadinanze. Eppure sono molteplici le direttive Europee e delle nazioni Unite, le leggi nazionali e regionali che promuovono a livello dei governi locali la partecipazione civica come elemento fondante per fare avanzare, anche nella consapevolezza diffusa, politiche di promozione sociale ed ambientale che sempre più sono percepite come indissolubilmente legate.Nel Comune di Palermo si riscontra un vuoto normativo che codifichi cosa si intenda per Beni Comuni, nonostante in questi anni – nello specifico durante le ultime due consiliature – il tema sia stato posto con forza da più punti di vista da innumerevoli soggetti dell'associazionismo e della società civile e la stessa Amministrazione abbia scelto di individuare una delega specifica alla Partecipazione ed avviato diversi momenti di confronto e di elaborazione specifica sul tema.La Convenzione di Aarhus ratificata dall'Italia nel 2001, riconosce il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente che ne assicuri salute e benessere, il diritto alla partecipazione ai processi decisionali, all’accesso alle informazioni e alla giustizia. L’architettura di questo modello di democrazia ambientale ruota attorno a tre pilastri fondamentali: l’accesso alle informazioni ambientali; la partecipazione del pubblico alle decisioni sull’ambiente; l’accesso alla giustizia.Il Comune e gli enti che per conto dello stesso gestiscono i servizi che ineriscono l'ambiente, a partire dai servizi pubblici locali (Acqua, energia, rifiuti), ma anche trasporti, verde pubblico, qualità dell'aria, delle acque, e quanto inerisce la vivibilità e la resilienza, dovrebbero quindi assicurare forme di partecipazione ai processi decisionali.Anche l'ambiente urbano e nello specifico i beni pubblici che fanno parte del patrimonio dell'ente locale sono entrati a far parte della definizione di Beni Comuni in quanto patrimonio di appartenenza collettiva; questi beni, immobili o spazi urbani che spesso sono sottoutilizzati o manutenuti con difficoltà dal Comune, possono trasformarsi da problemi in risorse da mettere a disposizione della cittadinanza attraverso una forma di regolamentazione che moltissime città italiane hanno adottato, partendo dal Regolamento Labsus per la gestione condivisa dei beni comuni, ognuna rimodulandolo secondo le proprie esigenze specifiche. Anche a Palermo nel 2018 Labsus ha presentato il Regolamento per i Beni Comuni, accolto favorevolmente sia dall'Amministrazione che dalle realtà associative; si è avviato un processo di discussione in forma partecipativa sui contenuti del Regolamento che alcune realtà hanno proposto in seduta pubblica alla Commissione consiliare competente ad esitare il testo da portare in Consiglio Comunale per la discussione ed approvazione di alcuni emendamenti. La discussione risulta ad oggi arenata in Commissione con il rischio concreto che il Regolamento non sia approvato in questa consiliatura.La disaffezione dei cittadini alla cura dell'ambiente urbano ed il sottoutilizzo e/o l'abbandono di molti spazi del patrimonio comunale restano dunque un problema inaffrontato.
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Il principio di sussidiarietà orizzontale, giustamente evocato anche nel commento precedente, costituzionalmente rileva in quanto tende a _escludere_ l'intervento pubblico laddove il privato riesca ad assolvere alla funzione di interesse generale. Qui a mio avviso si tratta piuttosto di _integrare_ la prospettiva dell'intervento pubblico con l'apporto dei privati, che rendono il primo più efficiente, formulando un nuovo paradigma di azione amministrativa che innovi il modello di efficienza prefigurato dall'art. 97 Cost.
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